Unuci Roma 2014 |
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Notizie |
Scritto da asat |
Sabato 17 Gennaio 2015 15:57 |
Fieri di essere invitati dalla sezione UNUCI Roma /Carabinieri Aprilia, 4 soci della sezione Mestre è stata lieta di poter visitare e ripercorrere gli itinerari percorsi dalle forze alleate durante lo sbarco ad Aprilia. La gara di pattuglia “Remember Seige” proponeva alle pattuglie partecipanti i classici esercizi delle gare UNUCI all’interno degli stessi “fossi” che tanto hanno dato da fare alle truppe Inglesi dopo lo sbarco nei pressi di Roma. I “fossi” o “WADI” come gli chiamavano gli inglesi perché le truppe impiegate erano le stesse che erano appena tornate dal Nord Africa sono i torrenti che solcano le colline a sud della capitale e l’area operativa aveva come centro il capitello dove si ricorda il padre del famoso cantante del gruppo Pink Floid ucciso durante l’avvicinamentoa Roma. La gara era divisa in 4 sezioni: Simulazione di pattuglia di interdizione dietro le linee nemiche, contatto con informatore, recupero informazioni rubate ed eliminazione capo fazione. In pratica pattuglia diurna intervallata da check point obbligatori, esercizi pratici di cartografia,reazione all’imboscata tiro di precisione, IED, NBC, azioni dirette utilizzando repliche da soft air, e prova di salita con corda in sicurezza una sessione serale di pronto soccorso tenuto dal personale della croce rossa Una simulazione di esfiltrazione notturna dalle linee nemiche fino alla ZAE con passaggio mezzi/truppe di contro interdizione. una sessione teorica di riconoscimento mezzi L’adunata svolta presso la sede dell’associazione carabinieri Aprilia si svolgeva alle ore 8:00 per il solenne Alzabandiera. Dopo le normali pratiche amministrative di iscrizione e il briefing operativo tenuto dagli ufficiali della direzione operativa veniva richiesto alle pattuglie di prepararsi alla prima prova. L’equipaggiamento richiesto era il classico del pattugliatore con kit medico, moschettone, qualche metro di corda, il materiale per la cartografia, il cambio per l’equipaggiamento prima linea e nel caso non si raggiungessero i 15kg un po’ di zavorra. A turno le pattuglie venivano portate al punto di infiltrazione a pochi chilometro dalla sezione. La sezione ALTA Mestre è stata agevolata assegnando il pettorale simbolico nr 1 in modo che potesse avere più tempo di riposo prima della sessione serale e notturna visto che eravamo il team che proveniva da più lontano.
Il primo punto di controllo si raggiungeva percorrendo una dolce salita su una collina, avvicinandoci senza svelare la nostra presenza la coppia d’attacco intima il congelamento degli attivatori presenti mentre la seconda coppia forniva sicurezza. Dopo la rapida valutazione sul movimento eseguito veniva richiesto di stimare azimut e distanza di un casolare a quasi 2 km di distanza e successivamente ci viene riferito che il nostro team è stato il secondo migliore con uno scarto di 50mt rispetto alla misura reale. Il secondo CP portava subito al torrente, su una parte asciutta che faceva pensare che probabilmente tutta il tragitto fosse nelle medesime condizioni, disdicendo quando detto in fase di briefing, ma dopo pochi metri e raggiunto un secondo CP si cominciava a mettere i piedi a mollo. In questo CP è stato trovato anche una cartello con il simbolo NATO di stazione radio. Al CP successivo non è stato trovato nessun cartello e questo ci ha fatto leggermente disorientare perché ci faceva supporre di non aver trovato il punto preciso o di non esserci accordi del cartello, mentre invece per parecchi punti di passaggio non abbiamo trovato ne attivatori ne esercizi. Il movimento in queste gole tra le colline forniva ottima copertura dall’essere avvistati dagli attivatori della sezione che invece muovevano sulle colline e potevano spostarsi rapidamente lungo le strade che attraversavano l’area operativa. Al CP 8 due attivatori semplicemente ci avvisavano di precorrere un’ tratto fuori dal fosso perché il percorso era reso inagibile. Rientrati in rotta e passata una biforcazione del torrente avvistavamo sul alveo un’altra coppia di attivatori che chiamati per farci riconoscere ci esortavano a raggiungerli. Ci consegnavano una foto di terroristi e ci spiegavano che da quel punto in avanti l’intelligence riteneva potessero esserci ostili. Continuando nella pattuglia nel Wadi notiamo il torrente allargarsi da una gola ad una zona più larga. Coordinato il cambio di movimento, da colonna a spinta, a due colonne a sbalzi per assicurare copertura in caso di pericolo, una raffica di pallini di plastica di un cecchino abbatteva un nostro operatore. Un rapido movimento del team riusciva però a scovare ed eliminare un secondo cecchino appostato sulla riva opposta e tramite un movimento a sbalzi dei tre superstiti si riuscivano ad abbattere anche il primo sniper. Fortunatamente la DE non richiedeva di trasportare il ferito perché riteneva di valutare solo la reazione all’imboscata senza prove di esfiltrazione e/o mediche. Ripreso il percorso sempre sul letto del torrente arrivavamo al prossimo esercizio in cui veniva prima richiesta una sessione di tiro con replica da soft air di fucile di precisione individuando ed abbattendo il terrorista precedentemente identificato dall’intelligence. In questa prova individuato il terrorista tra diverse sagome si procedeva ad abbatterlo con 4 colpi in sagoma senza notare che le sagome raffiguranti il terrorista erano due. Prova superata quindi al 50%. Gli attivatori ci richiedevano subito di raggrupparci per entrate in una grotta scura. Utilizzando un rametto mentre un “coppio” illuminava l’area e sotto la copertura della seconda coppia si superava anche la verifica di movimento in area esposta a trappole e si veniva poi guidati in una stanza. All’interno di una stanza la cui scenografica prevedeva un morto e una deflagrazione, ad un operatore veniva chiesto di recuperare le informazioni se presenti nella stanza. Restando attendi a non calpestare frammenti di mobilio, veniva individuata nella mano del chimico morto una sospetta provetta. Sempre nella completa oscurità della grotta illuminata dalla nostre torce tattiche si procedeva al recupero dell’artifizio senza innescare due trappole nascoste dagli attivatori svelate a posteriori. Gli attivatori ci ricordavano che quei tunnel furono utilizzati dalla popolazione di Aprilia per rifugiarsi dai bombardamenti degli alleati, ed avevano salvato la vita a migliaia di persone tant’è vero che i tunnel nelle colline si biforcano per chilometri. Ritornati all’esterno, al successivo CP avremmo dovuto trovare l’accampamento dei terroristi. Avvicinandoci su due fronti la squadra velocemente espugnava la fortificazione e i bunker nemici e riprendeva il cammino abbandonando il fosso. Su un piccola collina altri attivatori una volta richiamati ci accennavano ad avvicinarci e ci richiedevano di eseguire un imbrago di fortuna con cordino da 8, e di assicurarci ad una corda con paracord per rallentare l’eventuale caduta. A turno ogni operatore faceva vedere come sapeva eseguire l’imbrago e il sistema di sicurezza poi vista la facilità di risalita veniva richiesto al posto della risalita con corda un movimento tattico a per raggiungere la pianura sovrastante. Il rimanete percorso si svolgeva in un area aperta dietro ad una fabbrica e nei pressi di una casetta in disuso, ma senza presenta di attivatori od imboscati e l’unico problema risiede nel superare senza farci vedere una coppia in felici effusioni amorosi, soprattutto per non spaventarli vista la nostra divisa. Arrivato al punto di esfiltrazione pensando di aver concluso la prima parte notiamo invece gli attivatori richiamarci per eseguire la prova NBC nell’attesa di essere raggiunti dalla rimanti squadre. La prova prevedeva che un operatore indossi la maschera antigas ed elmetto a cronometro e una prova olfattiva riconoscendo l’agente chimico racchiuso in delle borracce e poi di scegliere l’adeguata cura da campo tra quelle presenti al check point. Prova praticamente non superata da nessuno dei tre nostri componenti. Dopo aver riposato in loco un ora e trenta minuti non appena raggiunti dal secondo team composto da bersaglieri lo stesso furgone dell’associazione carabinieri che ci ha accompagnato al infil ci ha riportato alla sezione, dove abbiamo rapidamente consumato una nostra razione da campo prevedendo bene che non ci sarebbero stati molti altri momenti di riposo. Verso sera dopo l’ammaina bandiera ed un intervista ad una televisione digitale, all’interno della sezione è stata tenuta la lezione di primo soccorso dalle infermiere della croce rossa dove sono state spiegate le tecniche di soccorso da soffocamento, massaggio cardiaco, e priorità di intervento secondo l’attuale legislazione mostrando praticamente grazie a manichini le tecniche pratiche. Un abilissima truccatrice anche ha mostrato poi diversi tipi di ferita e bruciatura mentre un’infermiera spiegava come medicare e assolvere il primo intervento. Come previsto i tempi di riposo sono stati ridotti al minimo tanto che le altre squadre non sono riuscite a prepararsi per la fase di pattuglia notturna, un po’ per le difficoltà affrontate durante la fase diurna, un po’ perché ormai la stanchezza si faceva sentire per tutti e essere rientrati alla “base” ha mentalmente abbattuto la voglia di rimettersi in gioco. Anche noi durante la lezione, al caldo, con i piedi asciutti, cominciavamo ad accusare il colpo, ma ASAT ha preso questa difficoltà come un’ulteriore prova. Risaliti sul mezzo utilizzato in precedenza, siamo stati sbarcati circa a metà del percorso diurno, proprio in prossimità di un ponte in cui avevamo avvistato il personale dell’associazione carabinieri di vedetta durante il giorno. Attesi 10min per abituare gli occhi e i rimanti sensi all’ambiente notturno, ci siamo incamminati per il precorso esposto durante il briefing dedicato svolto subito dopo la lezione di pronto soccorso. L’esercizio simulava la manovra di esfiltrazione dopo l’azione diretta eseguita di giorno. Il movimento più lento e silenzioso rispetto al giorno sembrava anche semplice rispetto a quello diurno perché il letto del fiume era sabbioso e privo d’acqua e tenersi lontani dalla luce della luna per ridurre la possibilità di essere avvistati era abbastanza semplice. In questa fase ad ogni punto di passaggio non si incontravano attivatori, trovavamo invece foto di mezzi aerei e terrestri, che prontamente andavamo a verificare ed annotare mantenendo sempre almeno due operatori in difesa e uno in appoggio a chi andava a verificare la foto. Gli attivatori avrebbero dovuto restare al di sopra degli argini cercando di intercettare il nostro movimento, ma per tutta la nottata ci eravamo conviti che data la stanchezza e/o qualche ritardo nella cena non ci fosse nessuno perché durante tutto il tragitto non siamo stati attivati ne’ abbiamo sentito movimenti sospetti. In realtà ci sveleranno il mattino successivo che hanno passato tutta la notte a rincorrerci ed ogni volta che verificavano il torrente si accorgevano che eravamo passati sotto di loro senza che se ne fossero accorti. Il problema invece veniva dalla morfologia del terreno. Il letto del fiume tendeva sempre più a respingersi e il corso d’acqua a diventare sempre più corposo mostrando viscide rocce. In un primo momento siamo riusciti camminando sui lati ad evitare abbastanza i guadi ma soprattutto in prossimità di piccole cascatine abbiamo dovuto marciare con l’acqua sopra la cinta Ad un tratto circa ad un 1km dal punto ZAE un attivatore ci ha fatto impostare per una risposta all’ingaggio scendendo senza preavviso dall’argine sinistro del torrente. In realtà era un informatore che ci suggeriva di risalire l’argine opposto rispetto a lui pochi metri più avanti altrimenti non sarebbe stato più possibile uscire dall’ fiume prima di un ponte romano poco più avanti. La salita è risultata ripida e difficile per il primo operatore, e per il secondo e terzo ci siamo dovuti adoperare tirandoci su a braccia. Al terzo passaggio la salita era diventata talmente scivolosa che neppure il metodo utilizzato riusciva a sollevare il quarto operatore rimasto a mollo. Si decideva così di assicurare una fune per il recupero. Ripreso l’assetto, distrigandoci tra rovi ed arbusti ci siamo diretti verso la strada dove ci è stata descritto il punto preciso dove eseguire la ZAE. Muovendo in formazione a delta nel prato antecedente il parcheggio identificato come ZAE abbiamo verificato che non ci fossero forze ostili. L’area era presidiata da attivatori ma solo con il ruolo di verificare il nostro movimento, di conseguenza abbiamo rastrellato l’area di atterraggio per verificare presenza di IED e se il terreno fosse adeguato all’atterraggio. Un attivatore ci ha interrogato su come avessimo comunicato e come di li a poco ci saremo interfacciati con l’equipaggio dell’elicottero, spiegando che lo avremmo contattato sul canale radio e con lui avremmo coordianto anche un sistema di comunicazione ottico per farci riconoscere in modo da essere entrambi sicuri di chi si trovava di fronte. Ci veniva inoltre chiesto se l’area era idonea per avvicinamento ed atterraggio di un elicottero, e precisavamo che il terreno e gli spazi erano conformi ma la presenza di una fabbrica e di tralicci non era proprio un’gran che. Di li a poco abbiamo posizionato le luci fornite per formare la T per l’atterraggio ed una volta sentiti i motori sono state accese, abbiamo coordinato con le torce e i fari il riconoscimento ed il mezzo si è posizionato sul punto di atterraggio. L’operatore più vicino ha raggiunto l’elicottero ed è rimasto a terra assicurando copertura mentre il capo pattuglia ha prima fatto salire gli altri componenti della pattuglia poi è risalito per poi far salire anche l’ultimo operatore rimasto in copertura per poi dare il via libera all’ufficiale di cabina del mezzo. A detta degli attivatori la procedura è stata eseguita a libretta a meno di trovare anche le nostre armi individuali non in sicura. Rispondevano correttamente anche alle domande sulla dottrina da tenere una volta a bordo, spiegano che una volta sul velivolo eravamo praticamente un pacco postale e non saremo intervenuti in nessuna azione se non richiesta dal pilota o dall’ufficiale di cabina, neppure se sotto fuoco nemico. Rientrati alla sede con il mezzo, ci hanno lasciato prenottare nei nostri sacchiapelo in una degli uffici per poi ritrovarci con il resto dei partecipanti e l’organizzazione per l’alzabandiera. Durante la mattina siamo rimasti abbastanza liberi mentre gli altri team completavano eventuali prove teoriche (NBC, riconoscimento mezzi) mentre noi completavamo l’ultimo riconoscimento mezzi terrestri e aerei svolto mostrando una lunga serie di foto su un computer portatile. Verso tarda mattinata, ritrovati tutti nella sala principale si sono svolti i ringraziamenti e le premiazioni. |